Avvocato Domenico Esposito
 

 

INCAPACITA' DI TESTIMONIARE DEI CONDOMINI NELLE CAUSE DI IMPUGNATIVA DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI CHE RIGUARDANO LE COSE COMUNI

 

 

NELLE CAUSE CONDOMINIALI RELATIVE ALLA GESTIONE DELLE COSE COMUNI, IL SINGOLO CONDOMINO NON PUO' TESTIMONIARE, AVENDO INTERESSE IN CAUSA CHE NE LEGITTIMEREBBE LA PARTECIPAZIONE AL GIUDIZIO.





Cassazione civile, sez. II 19/11/1992 n. 12379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE II CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Antonio BRONZINI Presidente
"       Filippo ANGLANI    Consigliere
"       Enzo BENEFORTI    Relatore
"       Domenico GIAVEDONI   "
"       Raffaele MAROTTA         "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(...), rapp. e difeso da  se  stesso  unit.  all'avv.Luigi Manzi elett. dom. in Roma via (...) c/o il suddetto (...) per delega a margine del ricorso - Ricorrente

contro

Condominio (...) via (...), in persona dell'amministratore (...);  elett. dom. in Roma via (...) c/o  l'avv. (...) che unitamente all'avv. (...) lo rapp. e difende per  delega  a margine del controricorso - Controricorrente.

per la cass. della sent. n. 61 della C. App. di Trento del 26 gennaio 1988-13-2-1988;

Udita la rel. della causa svolta nella pubb. ud. del 17.12.91  dal Consigliere Beneforti;
È comparso l'Avv. (...)  difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
È comparso l'Avv. (...) difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen.,  dr. Renato Golia che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 5 agosto 1981 l'avv. (...), agendo in proprio, quale proprietario della porzione 13 dell'edificio condominiale sito in (...), impugnò tre deliberazioni della assemblea condominiale, rispettivamente in data del 12 gennaio, 2 aprile e 23 giugno 1981, chiedendo che ne fosse dichiarata la nullità.

L'amministratore del condominio, costituitosi in giudizio resistette, alla domanda che fu rigettata dal Tribunale con sentenza del 16 giugno 1983 - 3 marzo 1984.

La Corte d'appello di Trento con sentenza del 26 gennaio - 13 febbraio 1988 ha confermato tale decisione.

In particolare, richiamando un proprio indirizzo giurisprudenziale nonché la sentenza 14 marzo 1987 n. 2658 di questa S.C., ha preliminarmente affermato in diritto che il condominio il quale chieda l'accertamento dell'invalidità di una deliberazione assembleare è onerato dalla prova (negativa) che le regole di formazione della volontà assembleare non sono state rispettate, come nel caso di specie, a causa della mancata convocazione dei condomini.

Rilevato, poi, come le attestazioni in verbale circa i presenti fossero assistite da presunzione di conformità al vero e che la prova della avvenuta comunicazione scritta ed anche orale degli avvisi di convocazione potesse darsi anche per semplici presunzioni, il giudice d'appello ha ritenuto che, per ciò che riguardava la partecipazione dei comproprietari di uno stesso appartamento, valesse la presunzione di reciproca rappresentanza o di utile gestione reciproca, in assenza di specifiche situazioni di conflitto (art. 1105 cod. civ.).

Così, anche nelle specie, non vi era dubbio che ogni comunista di singola unità abitativa, il quale avesse partecipato a quelle assemblee fosse abilitato a rappresentare l'intera proprietà, come in effetti aveva inteso fare mediante l'inserzione a verbale dell'intera quota millesimale.

Affermati tali principi, la Corte d'appello ha ritenuto non fornita dall'appellante (...) la necessaria dimostrazione della circostanza che non tutti i condomini avessero ricevuto la prescritta comunicazione tempestiva di convocazione delle tre assemblee.

In ogni caso, secondo la Corte territoriale, vi era la prova di regolari avvisi ricevuti anche da quei condomini che erano risultato assenti, fra cui l'avv. (...) il quale non aveva specificamente eccepito che non gli fosse stato dato avviso; mentre, per ciò che riguardava gli altri assenti, nulla autorizzava a pensare che anch'essi non fossero stati avvisati, al pari dei condomini presenti.

Anche in questi casi era stato infatti osservato il consueto ordine nella comunicazione degli inviti, ciò che trovava riscontro anche nella assai alta affluenza dei partecipanti alle tre assemblee.

D'altra parte, i condomini assenti mai avevano sollevato alcuna contestazione in tema di regolarità delle comunicazioni, regolarità che era avvalorata da tre testimonianze fra cui quella della condomina (...) allora amministratrice.

Essendo la causa interna al rapporto condominio - condomini, nessun dubbio, secondo la Corte d'appello, poteva sorgere circa la capacità testimoniale dei condomini sentiti, analogamente a quanto doveva dirsi della capacità testimoniale dei soci di una società per azioni, indipendentemente dai riflessi economici della causa sulle singole posizioni, ciò che valeva anche per l'ex amministratrice del condominio, essendo incapace di testimoniare soltanto l'amministratore in carica.

L'introduzione del piego dell'avviso nella cassetta delle lettere dei singoli condomini, o anche nell'interno delle abitazioni attraverso l'interstizio fra porta e soglia d'ingresso, costituiva, seconda la impugnata sentenza, un mezzo tale da assicurare una elevatissima probabilità di ricezione dell'avviso da parte del destinatario.

L'elenco dei condomini, utilizzato dall'amministratrice per la comunicazione degli avvisi di convocazione costituiva, a sua volta, documento idoneo a rappresentare tutte le comproprietà anche secondo il regime tavolare, essendo sufficiente, per quanto già rilevato, che fosse rappresentata in assemblea ciascuna dalla presenza o non di tutti i contitolari.

Non necessaria appariva, inoltre, la verbalizzazione in apertura, di eseguita verifica degli avvisi a tutti i condomini, trattandosi di constatazione che, a norma dell'art. 1136 sesto comma cod. civ. era richiesta soltanto per le deliberazioni e che, oltre tutto, neppure in questo caso doveva essere formalizzata mediante specifica constatazione a verbale.

Il fatto stesso che i partecipanti fossero passati direttamente alla trattazione delle questioni all'ordine del giorno stava ad indicare come essi si fossero previamente assicurati della regolarità di tutti gli avvisi.

Contro questa decisione l'avv. (...) ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi di censura ed a cui il condominio resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, denunciandosi la violazione dello art. 1136 sesto comma cod. civ. e dell'art. 66 terzo comma disp. att. cod. civ.; falsa applicazione dell'art. 2729 cod. civ. e motivazione contraddittoria, si lamenta in primo luogo che la Corte d'appello nella impugnata sentenza, dopo avere richiamato, come precedente giurisprudenziale, altra sua decisione, resa "inter partes" abbia obliterato il principio ivi affermato e secondo cui è a carico del condominio la prova che l'avviso di convocazione dell'assemblea sia stato dato a tutti i condomini, per ritenere, viceversa, che la prova della invalidità della deliberazione assembleare è a carico del condominio il quale deve dimostrare che le regole per la formazione della volontà dell'assemblea non sono state rispettate.

In secondo luogo, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello non abbia ritenuto essere stata, nella specie, già acquisita la prova positiva sia della mancata convocazione di taluni dei condomini ed altri aventi diritto "ex lege" sia del mancato rispetto del preavviso di cinque giorni ex art. 66 Disp. att. cod. civ., prova, che a suo dire, già discendeva dalla circostanza che, in luogo dei titolari dei diritti di proprietà e godimento dal Libro Fondiario e di cui all'estratto della Partita Tavolare 2718, l'amministratrice (...) convocò solo i "condomini" indicati nell'elenco prodotto in causa dal condominio e menzionati, inoltre, nei verbali delle assemblee in questione.

Ciò secondo il ricorrente, faceva logicamente presumere che l'avviso di assemblea fosse stato comunicato soltanto a coloro che figuravano in detto elenco e poiché alcuni di essi non erano i veri condomini indicati nell'estratto tavolare, era dimostrato come l'amministratrice non avesse potuto comunicare l'avviso a tutti gli effettivi condomini ed usufruttuari.

Palesemente contraria alla verità ed al valore giuridico del sistema tavolare risulta, dunque, a detta del ricorrente, l'affermazione dell'impugnata sentenza secondo cui "l'elenco dei condomini usato dall'amministratore (...) "....." alla luce della fungibilità di recezione tra comunisti....." risultava "adeguato e comunque sufficiente rispetto alla situazione tavolare".

Con il secondo motivo, che deve essere esaminato congiuntamente al primo mezzo di ricorso, perché complementare, si denunciano la violazione dell'art. 246 cod. proc. civ. ed il vizio di omessa o comunque insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia lamentandosi, in particolare, che l'impugnata sentenza abbia ritenuto attendibili i testimoni (...), (...) e (...) che, essendo condomini, avevano una legittimazione passiva concorrente o aggiuntiva rispetto a quella dell'amministratore del condominio, quale mandatario "propter utilitatem" (con rappresentanza limitata) art. 1129 e 1131 cod. civ.

Come tali quei condomini, secondo il ricorrente, erano incapaci di testimoniare, perché portatori di un interesse processuale che ne legittimava l'eventuale partecipazione al giudizio.

Le esposte censure sono prive di fondamento.

Giuridicamente corretta ed in linea con il consolidato indirizzo interpretativo di questa S.C., che deve trovare conferma anche nel presente caso, risulta innanzi tutto l'affermazione della impugnata sentenza secondo cui il condominio, il quale chieda l'accertamento della invalidità della deliberazione, deve fornire la prova che le regole di formazione della volontà assembleare non siano state rispettate (cfr., con altre, le sentenze 8.11.1989 n. 4691; 14.3.1987 n. 2658; 27.6.1978 n. 3169).

L'onere, osserva la Corte, di provare che tutti i condomini siano stato tempestivamente avvisati della convocazione incombe, viceversa, sul condominio e non già sul condominio il quale eccepisca l'invalidità della deliberazione assembleare, non potendo porsi a suo carico l'onere di una dimostrazione negativa quale quella della mancata osservanza dell'obbligo di tempestivo avviso all'universalità dei condomini (cfr., con altre, la sentenza di questa S.C. 8.12.1987 n. 9109).

Diversamente da quanto sostiene il ricorrente, invero, non esiste alcuna contraddizione logico-giuridica fra le esposte affermazioni di principio, poiché la diversa soggettività dell'onere probatorio, alla luce dei principi informatori della materia (art. 2697 primo e secondo comma cod. civ.) si spiega con il rilievo che, mentre nella prima ipotesi l'impugnativa del condominio è portata contro una deliberazione formalmente valida, nel secondo caso incombe al condominio fornire la dimostrazione della regolarità della convocazione, quale elemento costitutivo della validità della deliberazione.

Del tutto generica risulta, poi, l'ulteriore affermazione del ricorrente secondo cui non tutti i condomini ed usufruttuari, quali risultavano dallo estratto della Partita tavolare, erano stati avvisati della convocazione delle tre assemblee in questione, essendo stato dato avviso soltanto ai "condomini" menzionati nell'incompleto elenco prodotto in causa dall'amministratore, taluni dei quali non erano veri condomini abilitati a partecipare all'assemblea.

L'accertamento in fatto della Corte d'appello, secondo cui tutti i condomini avevano ricevuto regolare avviso di convocazione delle tre assemblee e l'elenco all'uopo utilizzato dall'amministratrice costituì sufficiente strumento di individuazione della loro qualità anche rispetto alle risultanze tavolari, non è, invero, contraddetto dall'allegazione di specifici elementi di giudizio che siano stati trascurati o illogicamente valutati dal giudice del merito.

Manca pertanto la base di un adeguato controllo di legittimità sulla indagine in fatto che, sul punto in esame, è stata compiuta dallo stesso giudice del merito, perdendo, così, rilevanza anche la verifica di legittimità dell'astratta affermazione della Corte d'appello secondo cui, di regola, basta l'avviso di convocazione ad uno soltanto dei comproprietari della singola unità condominiale, perché essa sia valida per tutti i comunisti e perché egli possa rappresentare in assemblea la intera unità, se non constino situazioni di conflitto.

Priva di fondamento risulta, infine, anche la doglianza mossa con il secondo motivo giacché la impugnata sentenza ha correttamente ritenuto che, nelle cause relative ai rapporti condominiali, il singolo condominio, il quale non rivesta la qualità di amministratore in carica, può essere sentito come teste, secondo una regola generalmente valida in tutte le cause relative a rapporti sociali ed interni ad enti collettivi, là dove il teste, indipendentemente dagli effetti processuali della sua deposizione che risulti favorevole ad una delle parti piuttosto che all'altra, non può dirsi portatore di un concreto interesse personale a partecipare al giudizio, sia pure soltanto "ad adiuvandum".

Come questa S.C. ha già avuto occasione di avvertire, nelle cause promosse dai condomini per impugnare le deliberazioni assembleari, legittimato passivamente e l'amministratore, cui compete anche il potere ex art. 1131 n. 1 cod. civ. di difenderne la validità (cfr. la sent. 12.5.1967 n. 993) legittimazione processuale, questa, che, si osserva, anche nella specie deve ritenersi esclusiva dell'amministratore, poiché, non vertendosi in causa relativa a diritti sulle cose comuni, esulano i presupposti della concorrente legittimazione del singolo condominio.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, con condanna del proponente, il quale versa in stato di soccombenza ai sensi e per gli effetti degli art. 91 e 385 cod. proc. civ., a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio, che, tenuto conto del valore della causa e valutata, altresì, l'attività difensiva svolta, si liquidano, secondo legge e tariffa, nella misura che segue.

p.q.m.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente (...) a rifondere al controricorrente condominio di Via (...) le spese del presente giudizio, liquidate in L. 46.450 per esborsi a L. 1.000.000 per onorari.

Cosi deciso il 17 dicembre 1991